Una delle domande ricorrenti che arrivano a TradeCube riguarda il riposo dei lavoratori dipendenti dopo una trasferta all’estero. In realtà non esiste una normativa specifica, ma è necessario rifarsi alle previsioni della Legge italiana e del Contratto Collettivo applicato.
Date le particolarità delle trasferte all’estero, spesso non esiste una risposta univoca, ma proviamo a suggerire un percorso logico per arrivare ad una soluzione soddisfacente.
Potremmo continuare con mille altri esempi, ma proviamo a porre delle basi certe:
In sintesi: il lavoratore deve riposare ininterrottamente almeno per 11 ore ogni giorno e per 70 ore ogni due settimane.
Mentre il trattamento economico del tempo di viaggio può essere disciplinato in modo diverso dai vari contratti collettivi, quindi esistono situazioni nelle quali il tempo di viaggio non è retribuito, il tempo di viaggio non è tempo di riposo. Il lavoratore inizia a riposare al momento del rientro dalla trasferta e termina il riposo quando inizia il successivo turno di lavoro presso la sede abituale, indipendentemente dai trattamenti economici.
In questo caso devono essere seguite le regole previste dal paese nel quale la trasferta si svolge. In ambito UE in molti paesi il lavoro domenicale è tassativamente vietato. In altri il riposo giornaliero è 12 ore e non 11, oppure il riposo settimanale deve essere necessariamente goduto settimanalmente e non ogni 14 giorni. Queste norme vanno conosciute e rispettate fintanto che il lavoratore si trova in trasferta.
Con la pianificazione: i periodi di riposo dopo la trasferta dovranno essere programmati con anticipo conteggiando correttamente le ore di riposo spettanti, prevedendo anche dei margini di sicurezza in caso di imprevisti e ritardi. Qualora ci fossero dubbi o riserve è buona norma chiarire in anticipo la situazione con il lavoratore interessato e/o le rappresentanze sindacali, onde non complicare ulteriormente una tematica di difficile interpretazione.