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28-09-2019 Brexit e trasferte dei lavoratori dipendenti – Seconda parte

Nel precedente articolo abbiamo sottolineato l’incertezza nella quale sono costrette ad operare le imprese che scambiano servizi con il regno Unito.
Vedremo oggi alcune delle difficoltà concrete che potremo incontrare dopo il 31/10/2019. Sappiamo che l’effettuazione delle trasferte in ambito UE richiede lo svolgimento di pratiche amministrative a volte complesse e la nomina di rappresentanti e referenti. Paradossalmente, il Regno Unito è una delle nazioni che ha recepito la direttiva sulle trasferte nel modo meno rigido.

Salvo che per il settore edile e per attività da svolgere in particolari contesti, non è prevista alcuna formalità amministrativa, se non la richiesta del modello A1, oltre ovviamente al rispetto delle norme vigenti nel paese.

Che cosa succederà dal 1 novembre 2019?

Le prime difficoltà riguarderanno proprio l’ingresso dei lavoratori nel Regno Unito partendo dai seguenti elementi:

  • Passaporto, che dovrà avere validità residua di almeno 6 mesi al momento dell’ingresso in UK. Raccomandiamo a chi non l’avesse o a chi avesse una durata residua insufficiente di richiederlo per tempo.
  • Visto per lavoro: per chi si recherà nel Regno Unito a lavorare (work) sarà certamente necessaria la richiesta di un visto di lavoro, con tempi e costi ad oggi imprevedibili.
  • Visto per affari: il 10 aprile 2019 è stato approvato il regolamento (UE) 2019/592, che ha incluso i cittadini del Regno Unito post-Brexit tra i soggetti esentati dal visto, per viaggi d’affari di durata non superiore a 90 giorni nel semestre. In buona sostanza, il legislatore della UE si è preoccupato di agevolare l’ingresso nell’Unione ai cittadini UK dopo il 31/10/2019 prevedendo però che tale agevolazione sarà valida purché il Regno Unito non introduca l’obbligo di visto per i cittadini UE.

La necessità del controllo dei passaporti potrebbe portare con il tempo anche a difficoltà di ingresso nel paese, soprattutto se sul passaporto risultano visti di ingresso o permanenze prolungate in nazioni che il Regno Unito considera “ostili”.

Si spera nella reciprocità

Attualmente il regolamento è pubblicato con “data di entrata in vigore sconosciuta”: si auspica che il Regno Unito post Brexit possa operare in una logica di reciprocità esportazione attrezzature e materiali: il dipendente in trasferta dovrà “far dogana” e quindi dichiarare qualsiasi bene porti al seguito. Non sappiamo quali regole si applicheranno, se ci saranno esenzioni e franchigie: la prudenza impone di spedire separatamente ed anticipatamente tutti i beni necessari all’esecuzione del servizio ed assicurarsi che siano arrivati sul posto prima di inviarvi il lavoratore

Ricordiamo che TradeCube, insieme al suo partner AEG Corporation, gruppo internazionale con sede nel Regno Unito, può garantire un contatto diretto sul posto in grado di aiutarvi efficacemente ad affrontare ogni problema e criticità.